Valeria Ciardulli e il corpo come playground creativo
Tra ironia, comunicazione visiva e autoritratto, l’art director e fotografa romana esplora il corpo femminile nel progetto ‘My Perfect Little World’
Cosa succede quando una creativa con vent’anni di esperienza nel campo pubblicitario decide di puntare l’obiettivo su se stessa?
Se si chiama Valeria Ciardulli, il risultato è un universo visivo ironico, colorato e personale che parte dal corpo umano per diventare linguaggio, narrazione e gioco.

‘My Perfect Little World’, il progetto di autoritratti nato durante il primo lockdown, è un’esplorazione tanto intima quanto comunicativa in cui ogni parte del corpo viene trasformata in superficie simbolica, associata ad oggetti quotidiani, suggestioni visive e riferimenti culturali. Un mondo perfetto, sì, ma costruito con ironia, spirito ludico e una precisa consapevolezza della forza della comunicazione visiva.


Nata nel 1980 a Roma, Ciardulli lavora da oltre vent’anni come art director in un’agenzia di comunicazione. Il suo percorso fotografico inizia per caso, con la complicità di un amico e una serata di salsa:
<<Mi ha lasciato la macchina fotografica per andare a ballare. Io ho cominciato a scattare e lui, vedendo le foto, ha deciso di lasciarmela più spesso. Così è iniziato tutto >>
Da quel momento, la fotografia diventa una nuova forma di espressione, naturale prosecuzione del suo background professionale ma anche uno spazio libero e personale dove coltivare idee fuori dagli schemi.
Il corpo, nella visione di Valeria, non è mai elemento drammatico o iperestetizzato.
Al contrario, diventa protagonista di una narrazione visiva fatta di leggerezza e intuizione.


In ‘My Perfect Little World’, parti del suo corpo si trasformano in piccoli sketch fotografici, dove oggetti comuni – dai piselli surgelati al prezzemolo – prendono vita con un tocco surreale. Ogni immagine parte da un’intuizione semplice, a volte da un ricordo, un proverbio, una battuta ascoltata per caso.
<<Quando un’idea mi fa ridere so che funziona. Chi mi segue mi dice spesso che i miei lavori gli strappano un sorriso, e soprattutto che ne avevano bisogno >>
L’approccio visivo di Ciardulli è dichiaratamente influenzato dal cinema, in particolare da ‘Il favoloso mondo di Amélie’, film che lei stessa cita come ispirazione costante per la sua visione “positiva, dettagliata e bizzarra” della realtà.


Le sue fotografie condividono con il film di Jeunet un’estetica sospesa, fatta di dettagli fuori posto, micro-mondi privati e atmosfere poetiche. Ma ciò che rende davvero particolare il lavoro di Valeria è l’equilibrio tra spontaneità e rigore: ogni scatto è apparentemente semplice, ma dietro c’è sempre una ricerca precisa di composizione, luce e messaggio. Questa attenzione deriva anche dalla lunga esperienza come art director.
<<Tutto il mio background grafico emerge nei miei scatti. In agenzia ho visto passare migliaia di immagini, e questo ha allenato il mio occhio. In fotografia applico lo stesso metodo: ogni elemento ha un ruolo, nulla è lasciato al caso >>


E infatti, anche nei suoi progetti più giocosi, la componente comunicativa rimane centrale: le immagini funzionano perché parlano un linguaggio universale, immediato, ma sempre personale.
Il corpo, in questo percorso, diventa medium e soggetto. Non solo in ‘My Perfect Little World’ ma anche in lavori come ‘Segnali’, una serie che affronta emozioni quali paura, forza, fragilità e desiderio, attraverso gesti corporei essenziali ambientazioni minimali e palette studiate.
Qui la narrazione si fa più intima e riflessiva, ma l’elemento comunicativo rimane centrale: ogni fotografia è un “segnale” rivolto a chi osserva, un invito a entrare in relazione con l’immagine attraverso il proprio vissuto. Non a caso, Ciardulli afferma che la sua cifra identitaria – più che nella tecnica – sta nella comunicazione.
<<Il mio valore di rappresentazione parte tutto dalla comunicazione. È quello che faccio da sempre: cercare un modo semplice e diretto per far arrivare un’idea >>


A differenza di molti artisti visivi contemporanei, Valeria non ama definirsi un artista. “Mi dicono che faccio arte, ma io mi sento semplicemente Valeria”, confessa con disarmante sincerità. E se le si chiede quale altra identità culturale avrebbe voluto abitare, risponde senza esitazioni:
<<Mi piacerebbe unire la mia esperienza nella pubblicità con la fotografia, vedere il mio nome sotto un titolo come ‘Fotografia d’autore e pubblicità: ecco i casi più indimenticabili’ >>
Un’affermazione che dice molto della sua ambizione: non tanto di entrare nel mondo dell’arte istituzionalizzata, quanto di costruire un ponte tra creatività personale e comunicazione professionale.

In questo senso, ‘My Perfect Little World’ è molto più di un progetto fotografico: è la mappa di un’identità visiva che prende forma attraverso il corpo, l’ironia, e la capacità di osservare il mondo con occhi sempre nuovi.
È il racconto di una donna che ha trasformato il lockdown in occasione di esplorazione creativa, restituendoci immagini inaspettate, accessibili e brillanti. Un piccolo mondo perfetto, forse, ma anche un invito potente a guardare il nostro corpo – e la nostra quotidianità – come spazi ancora pieni di possibilità.




