Il mosaico artistico di Aksinja Bellone
Attraverso un’intervista a Not Yet la fotografa e regista di ‘Falling is Flying’, ‘Out of Stock’, ‘Il Passaggio di Ahmet’, ‘Roots’ e ‘Edgeflower’ racconta il suo sguardo sul mondo
Quello di Aksinja Bellone è uno sguardo sul mondo viscerale e spirituale, nutrito da un background artistico che parte dalla danza e dalla moda per arrivare al cinema. La regista e fotografa attraverso i suoi lavori conduce energia, dando vita a opere rituali, intime e potentemente femminili. La sua poetica visiva unisce corpo e immaginario mistico, esplorando temi come la rinascita, la salute mentale e l’identità. Tra i suoi lavori più significativi spiccano ‘Falling is Flying’, ‘Out of Stock’ e ‘Il Passaggio di Ahmet’. Praticante sciamanica, yogini, studiosa dell’Ayurveda, vive oggi tra Milano e Londra. Attualmente è impegnata in ‘Roots’, la sua prima serie TV, e nel nuovo cortometraggio ‘Edgeflower’ sulla motocross, dallo stile vivo e sporco. Per lei, l’arte è dove si incontrano verità, vibrazione e bellezza imperfetta.
Aksinja, parlaci un po’ di te. Da dove vieni? Quali sono le tue origini?
Sono nata a Torino nel 1988, città della magia, da un intreccio di radici che da sole raccontano una specie di mito. La vita successivamente mi ha portato altrove, infatti oggi vivo tra Londra e Milano.
Da parte di mia madre, ho origini dell’Est (Russia e Ucraina), dal lato paterno invece si intrecciano un mix di luoghi: Croazia, Malta, Ungheria e Nord Italia.
Un mosaico culturale, spirituale ed emotivo che oggi rappresenta il mio sguardo sul mondo. Mi definisco una regista viscerale e spirituale. Faccio poesia visiva, ma con il fuoco. Non dirigo, conduco energia.
Come è iniziata la tua carriera? Hai sempre saputo di voler intraprendere questo mestiere? Il mio primo linguaggio d’espressione è stato il corpo.
Come modella e danzatrice ho imparato a raccontare senza parole. Poi, da attrice, tutto ha preso una forma più completa, definitiva, ma è dietro la camera che ho trovato la mia vera vocazione, la forma di espressione che preferivo in assoluto.
Come prima esperienza sono stata nei reparti macchina, affascinata dalla fotografia e dall’estetica fashion, collaborando con brand e riviste internazionali.
Diversi miei fashion film sono stati selezionati nei maggiori festival del settore.



Attualmente di cosa ti occupi esattamente?
Oggi dirigo opere mie, che trovo intime, istintive, profondamente rituali e credo rappresentino molto la mia personalità.
Parlano del potere persuasivo e potente di noi donne, di spiritualità, di rinascita. Sono temi che vivo in prima persona. Per esempio, ho un grande legame con la mia parte spirituale, infatti sono praticante del mondo sciamanico (donna del fuoco nelle cerimonie in capanna sudatoria), yogini certificata e studiosa dell’Ayurveda. Oltre a questo, continuo a praticare la danza, perché attraverso di essa e della medicina energetica, ho sviluppato un linguaggio narrativo in cui corpo e spirito sono strumenti vivi e vibranti.
Quali senti essere i tuoi lavori più significativi?
Uno dei lavori per me più importanti è sicuramente ‘Falling is Flying’, corto sulla salute mentale proiettato durante le ATP Finals 2024 a Torino. Attualmente è in selezione nei principali festival internazionali. È un’opera che fonde fragilità e forza, che riesce a trasmettere a pieno il mio linguaggio visivo crudo, lirico e mistico. Un altro progetto che sento molto vicino è ‘Out of Stock’, corto distopico scritto e co-prodotto con Cristina Canfora.
Questo corto parla di un futuro non troppo lontano, profondamente radicato nelle crepe del nostro presente. Per ultimo, anche se non per importanza, ho nel cuore ‘Il Passaggio di Ahmet’, film personale, estremamente intimo, realizzato per mia zia: il mio intento era quello di trasportare su pellicola i suoi valori più profondi.
In questo momento stai lavorando a qualcosa? Alcuni progetti di cui vuoi parlarci?
In generale non mi occupo solo del settore cinema, ho firmato, per esempio, anche campagne per il Teatro Regio e per brand internazionali del mondo beauty e moda, sempre però con l’intenzione di non decorare l’immagine, ma morderla, renderla unica. Attualmente è in fase di produzione ‘Roots’, la mia prima serie TV, vincitrice del bando Torino Film Commission: un’esplorazione poetica dell’identità attraverso i capelli. Infine, è da poco disponibile il trailer del mio nuovo cortometraggio ‘Edgeflower’, sulla motocross, una mia recente ossessione, un viaggio tra fango, motori e poesia urbana. Uno stile che definisco trashlynconico contraddistinto da una malinconia sporca, ironica, vibrante.
Ti occupi di tantissimi progetti, uno più intrigante dell’altro. Sei un’artista che si può definire a tutto tondo. Nello specifico, per quanto riguarda il cinema, come descriveresti questo tuo modo di fare arte?
Il mio cinema è fisico, emotivo, onirico. “Una notte del Sud che sussurra tra le fronde di una foresta dell’Est”, mi piace definirlo poeticamente in questo modo. È lì che mi muovo, è in quella dimensione che voglio portare chi guarda.
Voglio concludere questa intervista chiedendoti: qual è la tua visione dell’arte?
La mia visione artistica, ma non solo, della vita in generale, è ovunque ci sia verità, vibrazione, bellezza imperfetta. La mia visione dell’arte è come un’estetica rarefatta, sospesa, che permea ancora oggi tutto il mio immaginario. È simile ai cartoni animati che amavo da bambina, quelli sovietici degli anni ‘50, elegantissimi, misteriosi, fluttuanti.









