Francesco Posa: comicità come sopravvivenza e piccole rivincite servite con ironia
Il comico in bilico tra assurdo e quotidiano con il suo tour ‘Quasi famoso’ ha conquistato il pubblico raccontando di una generazione in continua ricerca
Ci sono persone che si inventano un lavoro. Altre che si inventano una voce.
Francesco Posa ha fatto entrambe le cose, e nel frattempo si è inventato anche sé stesso.
Non per finta, ma sul serio.
Che poi, a voler ben vedere, è il modo più autentico per sopravvivere a una generazione cresciuta tra post, prese in giro e piccoli drammi che diventano battute.

Classe 1998, nato ad Acquaviva delle Fonti ma cresciuto a Catanzaro Lido per esigenze lavorative del padre e per la legge non scritta che dice che se ridi abbastanza forte in un posto, quel posto ti adotta, Francesco è uno che l’identità se l’è cucita addosso a pezzi. Un anno in Puglia, poi la Calabria, poi il web.
A scuola prova il liceo classico, ma la sua voglia di “kalòs kai agathòs” dura solo una stagione. Il tempo di capire che, ok, la bellezza e la virtù sono nobili obiettivi, ma forse serviva un luogo con meno greco e più margine di manovra. Passa allo scientifico, dove dice di non aver imparato molto, “Ma ho fatto grandi amicizie”, racconta, che è, a pensarci bene, una delle cose più utili che possa insegnarti la scuola.
Si laurea poi in Comunicazione, Media e Pubblicità non per diventare esperto di marketing, ma per fare scacco matto a chi pensa che chi fa video su TikTok sia un analfabeta digitale in cerca di attenzioni. Ecco, no. Posa è uno che le cose le fa, le studia, le capisce.

Ma lo fa col sorriso di chi si diverte a non farlo vedere.
La sua carriera comincia nel 2010, quando ancora Facebook era il regno dei post senza algoritmo e delle interazioni spontanee.
Francesco ha dodici anni, una webcam, una voglia matta di esprimersi e apparentemente pochissima paura di essere giudicato. Inizia con video comici, poi passa a YouTube, poi Instagram, poi TikTok: la traiettoria è quella dei pionieri, di chi c’era già quando “fare video” era considerato una stranezza da estirpare.
E invece lui resiste, anzi insiste. A chi gli chiede cosa lo ha spinto a intraprendere questa strada, risponde con un mix di onestà e godimento postumo: “Volevo esprimermi. E far bollire dentro chi mi prendeva in giro perché facevo video a Catanzaro.


Adesso vedere gli stessi fare spot mediocri per le loro tristi pizzerie mi fa godere”. Vendetta servita fredda, con contorno di ironia. Ma sarebbe riduttivo raccontare Posa solo come l’ex ragazzo preso in giro che si è rifatto.
C’è molto di più. C’è la voglia di osservare il mondo con una lente stortissima ma sorprendentemente precisa.
C’è una comicità che si muove tra l’assurdo e il quotidiano, tra iriferimenti pop e le confessioni inaspettate. C’è un’identità artistica che non si incasella, anche perché lui stesso si definisce “un po’ meno di Elodie, un po’ sopra Leonardo da Vinci”.

E come dargli torto? I suoi riferimenti vanno da Bo Burnham a Frank Matano, passando per i Griffin, Luca Ravenna, Nino Frassica. Ma non aspettatevi una lista da fanboy:
“Nessuno di questi mi paga per dirlo. Anzi, uno mi ha pure pagato profumatamente”. Tutto torna.
È uno che si muove tra ironia e sincerità con la grazia di chi ha fatto pace con l’ambiguità. Dice di non sapere cosa vuole trasmettere, eppure qualcosa arriva sempre. Come se lasciasse una scia, senza volerla tracciare per forza.
Tra il 2024 e il 2025 gira l’Italia con il suo spettacolo ‘Quasi Famoso’, titolo che è già una dichiarazione poetica.
Sul palco ci porta la sua voce, i suoi sketch, le sue riflessioni “in cui rischio di essere querelato”, racconta.
Ma anche qualcosa di più sottile: il racconto ironico e sexy di una generazione che fa fatica a trovarsi e che, mentre si cerca, ride.
E se non trova niente, ride comunque.

Lo spettacolo è una summa del suo mondo: citazioni, nonsense, aneddoti da provincia italiana, passaggi autobiografici che sembrano fiction e invece sono la vita vera.
Si ride, certo, ma a ben vedere si ride anche di qualcosa che ci riguarda tutti. La voglia di essere visti, l’arte di cavarsela con l’ironia, la nostalgia per un tempo in cui fare i video significava solo “fare i video” e non inseguire l’algoritmo del mese. E poi c’è la gentilezza.
Quella vera, non da cartolina social. Francesco la mette tra i suoi valori fondamentali, e si vede. È in quel modo garbato di dire le cose, anche quando affondano.
Nelle sue storie c’è spesso un sottofondo di malinconia trattenuta, di delicatezza spiazzante. Come se la comicità fosse, in fondo, il suo modo per non diventare cinico. O per diventarlo solo nei punti giusti.

Il futuro? Dice che vuole fare il modello. Non è chiaro se parliamo di passerelle, di vita o di provocazione ben calibrata. Ma alla fine poco importa.
Perché mentre lo dice, continua a costruirsi, a provarci, a esistere in quel territorio intermedio tra l’autenticità e la parodia, tra l’arte e l’intrattenimento, tra la voglia di giocare e il bisogno di esserci per davvero.
Francesco Posa non ha ancora finito di inventarsi. Ma intanto, ha già iniziato a lasciare il segno. E a far ridere nel frattempo, che non è per niente poco.





