La forza di mostrarsi nel cinema radicale di Ashley Eakin
La regista che, con il suo cortometraggio sperimentale ‘This Body is a Shell’, ribalta il modo in cui vediamo la disabilità
<<Per decenni ho odiato il mio corpo disabile. Evitavo gli specchi. Da bambina, se c’era uno specchio nella mia stanza, lo giravo dall’altra parte per non dover vedere il mio corpo. Questo corto è un’esplorazione visiva di questa guerra interiore e di ciò che mi aspetta dall’altra parte >>
È da queste parole, intense e crude, che nasce ‘This Body is a Shell’, il cortometraggio sperimentale di Ashley Eakin, regista e sceneggiatrice statunitense impegnata da anni a rivoluzionare la narrazione della disabilità nel cinema.
Presentato in anteprima allo Slamdance Film Festival 2024 e vincitore del premio come Miglior Film Sperimentale al Santa Monica Film Festival, il corto è una poesia visiva sul rapporto con il proprio corpo, sull’identità, e sulla possibilità di trasformare il dolore in consapevolezza.

Con una durata di soli sette minuti, ‘This Body is a Shell’ è un viaggio ipnotico e simbolico attraverso terreni spogli e paesaggi interiori. Le protagoniste – sei donne con disabilità – si muovono in spazi metaforici in cui affrontano lo specchio, letterale e simbolico, del proprio vissuto corporeo.

Non c’è dialogo nel film: sono i corpi a parlare, nel loro attrito con l’ambiente, nelle posture, nei gesti sospesi. La regista firma così una riflessione potente sul corpo come guscio temporaneo, come involucro fragile ma anche capace di custodire un’energia vitale.
Classe 1987, originaria della California ma cresciuta in Nebraska, Ashley Eakin conosce profondamente ciò che racconta.
Affetta dalla malattia di Ollier e dalla sindrome di Maffucci, due rare patologie ossee che influiscono sulla crescita e sulla simmetria del corpo, ha subito oltre venti interventi chirurgici e convive con una mobilità parziale.
Il suo vissuto personale ha tracciato un percorso complesso, in cui la disabilità è passata dall’essere fonte di vergogna a diventare centro narrativo, estetico e politico delle sue opere.

Eakin ha alle spalle oltre quindici anni di esperienza nell’industria audiovisiva, spaziando dalla realtà televisiva ai progetti indipendenti.
Dopo una laurea in giornalismo ha iniziato la sua carriera come assistente per registi e collaboratrice su set di grande portata – fra cui ‘Crazy Rich Asians’ diretto da Jon M. Chu e in seguito la serie TV Quibi ‘Survive’ diretta da Mark Pellington e girata nelle Alpi italiane con Sophie Turner – per poi scegliere di raccontare storie proprie, spesso ispirate alla sua esperienza.
Il suo corto ‘Single’ (2020), realizzato nell’ambito dell’AFI Directing Workshop for Women, ha ricevuto lo Special Jury Recognition Award al SXSW ed è stato selezionato in oltre 30 festival.
Nel 2022 è stata anche selezionata per la Netflix Emerging Filmmaker Initiative grazie al film che ha scritto e diretto, ‘Forgive Us Our Trespasses’, attualmente disponibile sulla piattaforma. Ha inoltre diretto due episodi televisivi per la serie di Apple TV+ ‘Best Foot Forward’ e un episodio per la serie Disney+ ‘Growing Up’.

In ‘This Body is a Shell’ il corpo non è solo un soggetto visivo ma un luogo da attraversare, riconquistare, abitare di nuovo. Ogni sequenza è costruita per restituire la tensione tra il rifiuto e l’accettazione, tra l’invisibilità imposta e la riappropriazione dello sguardo.
A livello formale, il film si muove tra astrazione e concretezza, costruendo un linguaggio ibrido che fonde coreografia, paesaggio e performance. La fotografia firmata da Matt Sakatani Roe amplifica il senso di sospensione e la colonna sonora composta da Jonny Mendez accompagna la narrazione con tocchi eterei e introspettivi.
La scelta di una struttura sperimentale, quasi onirica, non è casuale: per Eakin, lo stile è parte integrante del messaggio. La disabilità, troppo spesso raccontata solo in chiave medico-funzionale o come storia di superamento, viene qui trasfigurata in una forma poetica che non cerca compassione ma risonanza universale.
L’invito che il film rivolge allo spettatore è quello di rivedere i propri parametri estetici e narrativi, di guardare i corpi non conformi senza filtri pietistici, ma con rispetto e meraviglia.

Oltre all’attività artistica, Eakin è anche impegnata sul piano istituzionale: è vicepresidente del neonato Disability Committee all’interno della Directors Guild of America, organismo che si propone di migliorare le condizioni di accesso e rappresentazione per i professionisti disabili nel settore cinematografico.
La sua voce è diventata un punto di riferimento per una nuova generazione di filmmaker che, come lei, rifiutano di separare identità e creatività. Non è un caso che il titolo stesso del corto – ‘This Body is a Shell’ – evochi una condizione al tempo stesso limitante e salvifica. Il corpo è un guscio, sì, ma è anche il contenitore di un’anima che resiste, che sogna, che crea.
Nel contesto contemporaneo dove la narrazione del corpo è sempre più polarizzata tra idealizzazione e cancellazione, l’opera di Ashley Eakin si inserisce con forza restituendo spazio e voce a chi per troppo tempo ne è stato privato.
Con questo lavoro, Eakin non racconta solo sé stessa ma apre una strada. E lo fa da regista, da scrittrice, da donna, e da persona disabile che ha scelto di non nascondersi più. In un’epoca in cui il corpo torna al centro del discorso politico e culturale, ‘This Body is a Shell’ ci ricorda che ogni corpo è, innanzitutto, un luogo abitato. E che merita di essere visto.






