Gabriele Manzoni: il cinema è esperienza portata al massimo livello
Il filmmaker si racconta a Not Yet riprendendo i temi della repressione emotiva e della socialità, veicolati in modo personale attraverso i suoi cortometraggi ‘Guardieladri’, ‘Phantom’ e ‘Un sole bellissimo’
Originario di Dalmine, nel bergamasco, Gabriele Manzoni si preannuncia come un profilo da tenere bene d’occhio nei prossimi anni. Terminati gli studi di grafica e comunicazione alle superiori, inizia il suo percorso orientato verso il filmmaking e la regia cinematografica, prima in NABA a Milano e poi nel prestigioso Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma.
Esordisce alla regia nel 2022 proprio con il cortometraggio di diploma triennale, ‘Guardieladri’ – prodotto da Naba ma anche da Il Varco Cinema e distribuito da Gargantua, casa di produzione e di distribuzione di Andrea Gatopolous –, che ottiene numerosi consensi (Italian Premiere – Visioni Italiane – Official Selection; Festival Caminhos Cinema Português 2022; In The Palace International Short Film Festival 2023) e gli garantisce l’ammissione nell’esclusiva scuola romana.

Da lì prosegue la sua crescita personale e professionale, che lo porta a dirigere ‘Phantom’, il suo secondo cortometraggio. Premiato in diversi festival nazionali, quest’ultimo progetto lo fa accedere di diritto alla Settimana Internazionale della Critica a Venezia, accanto ai tanti nomi di grande calibro che ogni anno affollano il Lido.
“‘Guardieladri’ è un lavoro punk, che ha la sua forza anche in quelli che sono i suoi difetti tecnici. L’ho girato durante il covid, in una situazione difficile e senza un team professionale. Con ‘Phantom’ invece il livello si è decisamente alzato“.
– Gabriele Manzoni


Con i suoi esordi Gabriele mostra già di avere un afflato narrativo originale e le idee ben chiare su che cosa vuole raccontare.
“Mi piace l’idea di portare sempre un personaggio che vorrebbe esplodere, che a prescindere dalle intenzioni ha comunque una spinta interiore, un movimento che lo porti a tirare fuori tutto ciò che lo reprime. Non a caso, i miei protagonisti finiscono sempre con l’avere delle reazioni emotive liberatorie“.
– Gabriele Manzoni
Si delinea dunque uno scontro di intenti, un confronto che i personaggi di Manzoni hanno certamente con il contesto in cui sono inseriti, ma soprattutto con loro stessi.
“La repressione è in primis una questione di principio, ma è anche vero che certi contesti ti mettono alla prova più di altri. La volontà di interiorizzare è spesso in contrasto con un ambiente che agisce anche in modo violento sul personaggio, quasi costringendolo a fare i conti con questa cosa. Comunque sia, la chiave interpretativa sta nella repressione emotiva del protagonista, che è sempre legata a un discorso di socialità“.
– Gabriele Manzoni

Socialità che ha strettamente a che vedere con la realtà da cui l’autore proviene e che gli ha permesso di sperimentare quelle dinamiche sociali che contraddistinguono la giovinezza: Dalmine.
“Sono cresciuto in contesti di gruppo, dove ci sono sempre dei ruoli ben definiti. Tra questi mi ha davvero affascinato la figura del capro espiatorio. La psicologia spiega che le comunità più longeve sono quelle in cui il capro espiatorio riesce a durare più a lungo, diventando coacervo anche delle repressioni degli altri membri. È il collante, perché paradossalmente il subire di più aiuta tutto il gruppo a restare unito. Nel suo essere svilito, il capro espiatorio è una colonna portante. E quando acquisisci uno status preciso, per la comunità sarà poi difficile vederti sotto una luce diversa, proprio perché di ogni persona si è portati a interiorizzare una certa immagine. Io avrei potuto esserlo, un capro espiatorio, ma il mio carattere e i miei interessi mi hanno fatto guadagnare sempre un certo rispetto. I miei amici sapevano e sanno chi sono“.
– Gabriele Manzoni
Ma al di là dei pareri e degli studi, la questione poi diventa soprattutto personale, come per i personaggi di ‘Guardieladri’ e ‘Phantom’. Gli amici imparano a conoscerti e ad apprezzarti, ma poi noi stessi fatichiamo a capire chi siamo davvero. La ricerca identitaria è ormai un tema ben consolidato nel nostro tempo, e Gabriele questa cosa l’ha capita perfettamente, trovando una chiave di lettura efficace e impetuosa.
“Esistono delle tappe per tutto, ma io sento di averne bruciate molte e questo può rivelarsi un’arma a doppio taglio. Ho guadagnato il rispetto del gruppo storico di amici, ma poi mi ritrovo ad avere molte sfumature, che mi fanno sentire a volte intrappolato in un limbo. Il fatto di non essere un vero colore ti rende poco leggibile, e questo nei corti è molto presente, secondo me. Il non voler essere una cosa definita è la vera forza dei miei personaggi“.
– Gabriele Manzoni
Tuttavia, se queste letture esistenziali possono estendersi a un campionario ampio e disparato di situazioni, per Gabriele conta soprattutto la provincia, contesto che più di altri rispecchia la nostra comunità e i suoi costumi.
“La provincia vive costantemente in questo limbo. Lì le cose arrivano in ritardo, ma allo stesso tempo con il cellulare puoi vivere la provincia come se fossi a New York. La morte che ti sta attorno si consuma nelle immagini, nei sogni e nella distanza che noi siamo bravi a crearci. La provincia ti fa capire che il centro del mondo non sei tu, ma anche che l’unico movimento reale è proprio il tuo. Nulla cambia, tu però puoi cambiare“.
– Gabriele Manzoni
L’incertezza diventa quindi forza emotiva, spinta a uscire da certi blocchi. E così il cinema si trasforma in strumento di esternazione di queste energie vitali.
“Amo le cose viscerali, che mi lascino una sensazione al di là del messaggio. Del cinema mi piacciono i suoi lati informi, esperienziali, non definiti. Ovviamente poi so apprezzarne la varietà, dunque anche la consapevolezza di molti autori, però io rimango affascinato o dalla sensazione pura o dal gesto tecnico. A un festival mi hanno chiesto quale penso che sarà l’evoluzione del cinema nei prossimi anni. Per me esistono due vie: il radicalismo o la sperimentazione. Personalmente non mi schiero da nessuna delle due parti, poiché c’è un’ibridazione inevitabile e sostanziale del mezzo cinematografico, ma credo che manchi un’idea esatta di che cosa sia oggi il cinema. Per questo ritengo che quello che fa evolvere quest’arte sia la capacità di offrire un’esperienza prima ancora di un messaggio“.
– Gabriele Manzoni

La carta vincente sta dunque nell’indipendenza da certe logiche, nella possibilità di vivere liberamente l’arte e quello che ha da offrire.
“La mia ambizione sarà sempre quella di essere indipendente e capace di fare le mie cose al di là delle logiche di mercato. Servono persone che credano nelle tue idee, ma una volta trovate la strada è in discesa. La tua opera parla prima di te, e io voglio parlare attraverso le mie opere. Il cinema è esperienza portata al massimo livello, e io voglio viverla in pieno“.
– Gabriele Manzoni
I progetti di Gabriele proseguono poi nel 2025, come lui stesso racconta:
“Ho da breve presentato un cortometraggio ad Alice Nella Città dal titolo ‘Un sole bellissimo’ nella sezione Academy e che verrà proiettato in concorso internazionale al Poitiers Film Festival“.
– Gabriele Manzoni

Anche in questo ultimo lavoro riemerge il filo rosso che connette le opere del regista, ossia uno spiccato interesse per la ricerca identitaria interconnessa alla dimensione sociale e relazionale. Il corto mette in luce le contraddizioni della crescita tra domande interiori e incertezze, raccontando il percorso di chi cerca di capire chi è mentre inciampa nel futuro senza una direzione precisa. Mostra come spesso ci illudiamo di avere il controllo, quando in realtà stiamo solo cercando di non cadere. L’amicizia e l’amore diventano forze che ci sostengono ma anche gabbie da cui, a volte, abbiamo bisogno di fuggire. Crescere significa così imparare a riconoscere quando restare e quando lasciarsi andare, accettando la propria unicità senza paura di essere diversi. È un viaggio fatto di smarrimento e speranza, in cui ci si perde senza mappe né punti di riferimento, cercando comunque di seguire la propria strada e di credere che, anche senza saperlo, si stia andando nella direzione giusta.
Anche il 2026 riserverà grandi novità e vedrà l’uscita di due importanti lavori per Gabriele Manzoni. Il primo, richiama come scenario e avvenimenti la provincia del regista — in particolare la zona tra Dalmine, Verdello e Zingonia —, un luogo in cui convivono molte culture e la comunità è estremamente attiva:
“Il mio diploma, attualmente in post-produzione, si intitola ‘Per Oumar’ e prende spunto da un fatto di cronaca avvenuto nel Bergamasco/Milanese, che ha profondamente colpito tutti noi: la morte in carcere di un ragazzo di ventun’anni di origini senegalesi. Da quell’episodio nasce un racconto di formazione che parte dalla ricerca della vendetta e progressivamente si apre al magico, trasformando il corto in un viaggio onirico. È un po’ la summa dei miei lavori precedenti, sia per contenuto che per la forma. Il progetto è realizzato in collaborazione con For The Culture e uscirà nel 2026“.
– Gabriele Manzoni
Per il secondo, l’ambizione si sposterà invece sulla tipologia cinematografica del lungometraggio, un film in fase di scrittura di cui attendiamo di conoscere presto nuovi particolari.




