Art

Viaggio nella contemporaneità attraverso un occhio vergine

L’arte multiforme di Juliet Casella: una riflessione volta a comprendere il nostro rapporto con il mondo digitale e la sua (im)potenza immaginifica

L’immagine è superata. La contemporaneità straborda di costanti stimoli visivi, in un immenso flusso di pubblicità, video, fotografie e luci abbaglianti, l’occhio semplicemente non riesce più a stare dietro alla continua sovraesposizione di immagini infinite, depotenziate in efficacia e neutralizzate in unicità. L’unico modo per studiare un antidoto capace di restituire all’immagine il potere che le spetta di diritto, sarebbe cominciare a prendere coscienza degli errori commessi fino ad ora: un compito enorme ed estremamente complesso al quale però certi creativi non sembrano volere sottrarsi.

Juliet Casella.

Juliet Casella, artista francese dai mille volti, è una di loro: dopo aver frequentato l’Ecole Nationale Supérieure d’Arts de Paris-Cergy ed aver esposto i suoi lavori di collage in giro per il mondo, ha iniziato a collaborare con ‘Stylist’, un’importante rivista nel mondo della moda e a imparare da autodidatta i trucchi del videomaking. Da tutte queste esperienze Juliet ha tratto ispirazione ed ha sviluppato competenze in diverse discipline artistiche, fra cui il collage, le arti multimediali e la pittura.

Per quanto ricco e vario sia questo portfolio, non è difficile notare come ogni nuova incarnazione dell’opera di Casella rimanga sempre coerente con la precedente: le immagini dipinte tanto quanto quelle filmate nei video musicali di band come i Metronomy e Feu! Chatterton riprendono lo stile dei precedenti collage, dalla messa in scena frammentata, spezzettata e poi ricomposta secondo la sensibilità dell’artista. In particolare i suoi più recenti lavori di pittura acrilica hanno caratteristiche associabili al taglia e cuci reso tanto popolare sul web da strumenti come Photoshop. 

‘Frustration’.
‘Tokyo by Night’.
‘Looking for my Valentine’.

La sovrabbondanza di immagini che ha inondato la realtà con l’avvento di internet ha cambiato il nostro modo di percepire il mondo: i quadri di Casella sono al contempo finestre e specchi, capaci di riflettere e svelare i misteri contenuti non più nelle nostre anime, ma nei nostri schermi.

In equilibrio fra il baratro orrorifico della violenza con continui rimandi ad armi da fuoco, corpi metallici, iconografie infernali, e la fioca luce di una speranzosa innocenza – spesso i protagonisti delle opere sono bambini -, queste immagini sembrano quasi sfocate, come se un vorace dito le stesse scorrendo in rapida successione nella galleria del proprio telefono, impedendo agli occhi di registrarne i contenuti con chiarezza.

Ciò che guida lo sguardo all’interno delle composizioni sono colori e architetture geometriche: i primi, artificialmente piatti e carichi, richiamano lo stile di artisti come David Hockney e Henri Rousseau, giocando a evidenziare gli elementi più disturbanti nell’economia compositiva dei quadri (l’acceso arancione di fiamme malefiche, il turpe rosso di occhi iniettati di sangue), mentre le geometrie di palazzi o strutture danno forma e mantengono compatta l’immagine grazie alle loro linee dure e taglienti.

‘Les Gargouilles’.
‘Too Much Horror Movie Before Sleeping’.
‘Virtual Playground’.
‘Light in the Dark’.
‘Diable’.
‘Mortal Diner’.

Per quanto riguarda i contenuti, questi dipinti mettono in luce un mondo nel quale la verginità dello sguardo è stata deturpata da armi digitali: gli schermi e la loro sottintesa violenza hanno corrotto la nostra visione d’insieme, deformandola e alterandone i significati; plasmati da cristalli liquidi i simboli assumono nuovi significati, spesso oscuri e inquietanti, si capovolgono le valenze e le immagini ne escono zoppe o sformate, come i mostri infernali ed i luoghi non-luoghi di Juliet Casella.

Scorrere i suoi dipinti su un social o passeggiare in una galleria osservandoli, equivale ad intraprendere un viaggio nella contemporaneità post-internet: nulla è più sacro, le iconografie hanno perso tutto il loro fascino e per questo ci appaiono così piatte e monocromatiche. Juliet stessa dice:

“Non trovo il senso nel ricreare immagini nel 2021. Il flusso è talmente enorme che ogni immagine che ho in testa probabilmente esiste già, è questo che trovo eccitante. Il mio lavoro è una forma di riciclaggio”.

– Juliet Casella.
‘Desperate Robot’.

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Olmo Giovannini nasce a Modena nel 2002: fin dall'infanzia dimostra una forte passione per il cinema, attraverso la quale arriverà a scoprire anche tutte le altre arti; musica, letteratura, videogiochi e pittura non sono "solo" stimoli per la curiosità di Olmo, sono anche chiavi di lettura per meglio sapersi approcciare al cinema stesso. Attualmente studia storia e critica cinematografica a Bologna, lavorando contemporaneamente a progetti di divulgazione culturale, in particolare cineforum e rassegne sia a Modena che a Bologna e pubblicazioni fra cui interviste, articoli di critica e di informazione.

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