Giovanni Anzaldo ha aperto le porte di casa a Max & Pit di Not Yet Magazine

Classe 1987, torinese di nascita. Giovanni Anzaldo si preannuncia attore teatrale dal grande talento già a ventitré anni, quando vince il prestigioso Premio Ubu come miglior attore under-30 per lo spettacolo “Roman e il suo cucciolo” diretto da Alessandro Gassman, con il quale condivide il palcoscenico. È proprio questo lavoro che lo porterà a calcare per la prima volta il set cinematografico nel film Razzabastarda, adattamento dello spettacolo di Gassman presentato al Festival Internazionale del Film di Roma nel 2013. 

Grazie a quel ruolo per Anzaldo si apre la strada della carriera sul grande schermo, e dopo una prima formazione  teatrale inizia a collaborare anche con i più rinomati registi italiani come Marco Tullio Giordana e Sandro Veronesi; è soprattutto grazie alla sua interpretazione di Luca Ambrosini (personaggio chiave dal passato burrascoso e dal carattere intricato) ne Il Capitale Umano di Paolo Virzì che il suo talento davanti alla cinepresa emerge vertiginosamente facendolo conoscere al grande pubblico. 

Locandina di ‘Sullo Stress del Piccione’, regia di Giovanni Anzaldo.

Giovanni ha aperto le porte di casa sua a Max e Pit di Not Yet Magazine, facendoli sedere virtualmente sul suo divano tra fotografie di Cassavetes e manifesti del suo primo lavoro di scrittura – Sullo stress del piccione – per parlarci di lui: della sua storia, del suo passato, ma anche della forza e delle speranze che i giovani attori devono ritrovare per reagire al periodo storico che stiamo vivendo. 

Partiamo dall’inizio. Come hai iniziato a recitare e cosa ricordi del tuo periodo di studi?

Ho cominciato in terza liceo, divertendomi e non prendendomi troppo sul serio, come è giusto che sia. Poi piano piano qualcosa è cresciuto dentro di me, il seme è germogliato e mi son detto <<perché non provare ad entrare in una scuola professionale, perché non fare sul serio?>>.  
Dopo la prima fase di euforia, quando ti senti elettrico e galvanizzato per essere riuscito ad entrare in una scuola importante come l’accademia del Teatro Stabile di Torino, mi sono reso conto di una cosa: non ero l’unico che sognava di fare questo mestiere e anzi, ero circondato da persone che sembravano molto più capaci, molto più determinate e che sicuramente ne sapevano di più. Non è questione di invidia o competizione, ma in quel momento l’insicurezza ha prevalso e non me la sono vissuta troppo bene. Sapete, gli attori sono personalità complesse, sfaccettate, tendono a riversare sul palco tutti i traumi e le insicurezze di una vita e stare in una scuola di attori è un po’ come vivere in un manicomio. Eppure proprio per questo mi ha insegnato tanto. Ho conosciuto persone incredibili che fanno tuttora parte della mia vita, in primis la mia compagna. 
In poche parole: è stato tanto bello quanto devastante.    

Tornando alla determinazione: ritieni di aver avuto le idee chiare fin da subito? Quanto pensi sia necessario, per i giovani, avere un obbiettivo in testa da perseguire nonostante tutto?

Le idee chiare non le ho mai avute, in realtà non le ho neanche adesso. 
Ricordo però che da bambino, guardando la televisione, una parte di me voleva essere quel personaggio dietro lo schermo, ma era perlopiù una sorta di trasporto inconscio e, a dirla tutta, un po’ narcisistico: quella dose di vanità che deriva dall’essere stato sempre coccolato fin da bambino, quello era un mezzo per essere ancora più coccolato, per ricevere ancora più attenzioni.  
Poi, crescendo, arrivi a fare i conti con la realtà, a metterti davvero in discussione e a porti delle domande. Dalla fantasia e dal semplice desiderio devi scavare per capire più cose possibili di te stesso. Ti chiedi << Lo voglio fare davvero? E come? Come posso migliorarmi?>>. Ecco, l’obiettivo ci deve essere, anche se non chiaro, e da lì iniziare a mettersi in discussione, a porsi delle domande e darsi delle risposte, per quanto vaghe e incomplete possano essere, e soprattutto, come dice Niccolò Fabi, “allontanarsi dalla perfezione!”. Questo ci salverà, più che le idee chiare, perché la perfezione non è mai nostra, non è mai umana.  

“come dice Niccolò Fabi: allontanarsi dalla perfezione! Questo ci salverà, più che le idee chiare, perché la perfezione non è mai nostra, non è mai umana

– Giovanni Anzaldo

Pur essendo conosciuto al grande pubblico per i ruoli cinematografici che hai interpretato, la tua formazione è prettamente teatrale. Come si è sviluppato il tuo percorso? E soprattutto, qual era la tua prima, vera ambizione?

Il mio vero obiettivo è sempre stato quello di fare cinema, anche quando ho deciso di entrare in una scuola di teatro. Viene spontaneo pensare << Ma che senso ha?>>, invece mi ero detto che per recitare davanti alla cinepresa sarei dovuto tornare alle origini, alle radici della recitazione, capirne l’a b c.  Da lì ho scoperto un mondo.  L’emozione che il palcoscenico ti regala, nel momento in cui reciti davanti alle persone – che siano cento o tre non importa – è qualcosa che il set non può concedere. D’altra parte il cinema ha il fascino e il potere di renderti immortale, per quanto tu possa cambiare o invecchiare, quello che hai fatto rimane, resta impresso sulla pellicola, incorruttibilmente. 
Sono due droghe veramente potenti, il teatro e il cinema; se per il primo devi far lavorare tanto l’immaginazione e devi saper creare con la tua fantasia, per il secondo hai già tutto lì e non devi immaginare niente, ma questa potenza devi saperla sfruttare nel miglior modo possibile. 

Si potrebbe dire che la fama dei tuoi provini ti precede: sei stato preso in tutte le scuole di recitazione per cui hai fatto provini, da Torino, a Milano e Genova, così come sei stato scelto da Paolo Virzì per ‘Il Capitale Umano’ dopo un provino durato addirittura più di tre ore. Durante questi provini hai solo recitato o hai anche messo in gioco la tua persona, con l’intento primario di entrare in sintonia con chi avevi davanti? Hai per caso un asso nella manica da condividere con i giovani attori che ci leggono?

I casting sono davvero devastanti e se non vieni preso la colpa ti piomba addosso come un macigno, ti logori dentro pensando << potevo studiare di più, potevo fare in questo o in quel modo>> ma l’unica verità è che l’attore, durante un provino, ha molte meno responsabilità di quanto si pensi. E’ un po’ come vincere alla lotteria, molto spesso vinci non perché sei il più bravo o hai studiato di più ma semplicemente perché rientri completamente negli schemi mentali di chi ha scritto quella parte, hai il volto giusto e il portamento adatto secondo chi ha inventato o immaginato quel ruolo. Poi come è normale che sia, se ti fai un nome ci sono dei criteri diversi, ma non è certo il mio caso.  *ride colpevolmente* 
L’unico consiglio che posso dare è di non sforzarsi di essere qualcuno che non si è, bisogna soprattutto sperimentare, trovare la capacità per uscire da sé, per diventare altro ma senza alcun sforzo, senza risultare macchinosamente perfetti.  È sicuramente un esercizio mentale e fisico davvero provante, ma allo stesso tempo è un’opportunità, un modo per mettersi davvero in gioco, per mostrare realmente le proprie emozioni, prendere in mano il proprio cuore ed offrirlo a chi ci sta guardando, con tutte le sue intermittenze, le sue fragilità e i suoi difetti. L’unica cosa certa è che in questo mestiere non si sbaglia mai a mettersi a nudo, ad esporsi come umani

La crisi sembra quindi essere motore interiore del mestiere dell’attore, cifra naturale della recitazione e del porsi davanti al pubblico sul palcoscenico. Come affronti il tuo rapporto con la fragilità, con i periodi di crisi? 

La crisi fa parte di me, io sono sempre in crisi. 
       * parte a canticchiare ‘La Crisi’ dei Bluvertigo: 
         Sto vivendo una crisi
        E una crisi c’è sempre 
       Ogni volta che qualcosa non va *
E’ un continuo mettersi in dubbio e mettersi in discussione, facciamo che è anche una questione di crescita personale. Ci sono momenti in cui vivo più serenamente, ma ogni volta che faccio un film, uno spettacolo, che mi metto a nudo, equivale sempre a tornare indietro, a non sentirsi mai arrivato da nessuna parte. A volte può essere un bene, qualcosa che ti spinge ad andare oltre, altre volte è un po’ controproducente. Beh, le insicurezze si pagano sempre ma almeno ti fanno dimagrire. 

“le insicurezze si pagano sempre ma almeno ti fanno dimagrire”

– Giovanni Anzaldo

Hai all’attivo più di trecento apparizioni sul palcoscenico e nella tua intensa carriera hai incontrato tante grandi personalità del mondo dello spettacolo. Se dovessi scegliere, quale incontro, quale personaggio, ti ha saputo dare di più? Quale ti ha cambiato davvero, tanto professionalmente quanto personalmente?

Ci sono esperienze che ti segnano più di altre, soprattutto quando sei giovane e ti affacci ad un mondo tanto straordinario quanto impressionante come quello dello spettacolo. Sicuramente i primi incontri non si scordano mai. Se dovessi indicare una persona grazie alla quale ho deciso di fare questo mestiere, che mi ha davvero fatto scoprire l’amore per il teatro e la recitazione, quella sarebbe Sax Nicosia, attore incredibile, anche lui uscito dal Teatro Stabile di Torino. Poi un’istituzione come Mario Avogado ha avuto un ruolo fondamentale, in quanto direttore dell’accademia del Teatro Stabile. Da lì sicuramente i grandi nomi con cui ho avuto la fortuna di lavorare, da Gassman a Virzì e Veronesi. Se sei abbastanza fortunato come lo sono stato io, riesci sempre a portarti dietro qualcosa da ognuno di questi incontri. 

In una precedente intervista con Sissi Corrado hai detto che quando sei nervoso ti aiuta molto guardare i film di Woody Allen. Quali sono gli altri artisti che hanno avuto un ruolo decisivo nella tua scelta professionale e che tuttora continuano ad averlo?

Uno degli artisti che ha avuto maggiore importanza per me è sicuramente questo signore qui.
 *indica Cassavetes, in una fotografia in bianco e nero appesa proprio dietro al divano da cui ci sta parlando* 
Spesso, quando non sono al massimo, sento la necessità di rileggermi la sua biografia (Ray Carney, John Cassavetes. Un’autobiografia postuma, Minimun Fax, Roma, 2014). È il suo modo di concepire il mondo e la vita a fare la differenza per me, lui che è il primo vero cineasta indipendente americano, mi ha sempre fatto capire che se intendi fare qualcosa davvero, la devi fare a dispetto di tutto, devi buttarti come un pazzo. In questo periodo storico la sua pazzia calza a pennello: devi essere pazzo per fare questo mestiere, devi crederci veramente. Cassavetes è un’iniezione di coraggio.

“devi essere pazzo per fare questo mestiere, devi crederci veramente”

– Giovanni Anzaldo
Gli attori di ‘Sullo Stress del Piccione’ alla première del film.

“Sullo stress del piccione”, il tuo primo lavoro da regista, è in realtà una metafora sulle nuove generazioni, e in particolare su quei giovani che hanno un sogno, un obiettivo e una ragione per credere in questo mondo, ma che fanno fatica a spiccare il volo. In un momento così complicato come quello che stiamo vivendo quotidianamente, che consigli potresti dare a chi vuole intraprendere una carriera nel mondo del cinema?In una precedente intervista con Sissi Corrado hai detto che quando sei nervoso ti aiuta molto guardare i film di Woody Allen. Quali sono gli altri artisti che hanno avuto un ruolo decisivo nella tua scelta professionale e che tuttora continuano ad averlo?

Questo è proprio un periodo di merda, e per fare questo mestiere adesso bisogna essere davvero fuori di testa. Ma esserlo sul serio. Bisogna abbandonare il perbenismo sterile, le timidezze, portare avanti le proprie idee aprendosi a tutto e tutti. Bisogna squarciarsi in pubblico, donare quello che abbiamo dentro, a costo di essere presi per pazzi. Imparare che ogni “no” è un’ulteriore spinta verso i “si”, anzi, che è la normalità ricevere un “no” e una cosa straordinaria ricevere un “si”, un’eccezione. Questo non vuol dire sottovalutarsi, vuol dire imparare a scavalcare le porte chiuse. Oggi più che mai devi essere un teppista della vita se vuoi fare davvero questo mestiere.

Dopo aver parlato del passato, concentriamoci sul futuro. Hai qualche progetto in via di sviluppo? 

É uscito Summertime su Netflix, più o meno verso maggio. Poi ho scritto un film insieme ad Emanuele Gaetano Forte, tra poco dovrebbero partire le riprese. E soprattutto, attenzione…. Ho scritto un romanzo… Lo so, lo so… sono il millesimo attore che vi propina un romanzo… sembra davvero una condanna. Una cosa però posso prometterla: il mio sarà scritto peggio degli altri!


Tra i tanti spunti interessanti che emergono dalla conversazione con Giovanni, una cosa in particolare è oggi di vitale importanza per chiunque senta il bisogno di esprimersi attraverso il cinema o qualsiasi altra forma d’arte: abbandonare il freno che tiriamo troppo frequentemente; aprirsi, mettersi a nudo, a costo di darsi in pasto agli altri.

Introduzione e conclusione a cura di Filippo Balestrazzi,

Intervista a cura di Max & Pit.

Video Edit a cura di Alex Bernardi & Giulia Patrimia

About Author /

Dopo essersi dedicato agli studi umanistici, si laurea in Italianistica e Culture Letterarie Europee presso l’Università di Bologna. Da sempre appassionato delle più disparate forme di scrittura ed espressione artistica, si occupa principalmente di letteratura italiana ed europea novecentesca scrivendo articoli per diversi magazine online, seppur prediligendo un approccio interdisciplinare allo studio dei testi e delle forme artistiche, dove tutte le implicazioni sociali ed antropologiche possano essere contemplate.

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