Art

Hugo Weber, l’artista senza radici cresciuto dalla strada

Abbiamo intervistato Hugo Weber, fotografo alla ricerca continua della vita

“La fotografia è la mia vita: nomade e fatta di esperienze e incontri. Coltivo semplicemente le mie libertà.”

– Hugo Weber

Nato a Parigi nel 1993, Hugo Weber non sente di avere radici, sia dal lato umano che in senso artistico. E a volte questo può farci sentire disorientati in un sentimento misto alla paura.  “Ti fa sentire perso non avere un posto che puoi chiamare casa. Da un po’ di tempo sto vivendo una fase nomade, continuamente alla ricerca. Di cosa? Vivere.”

Passa un’infanzia turbolenta e all’età di dieci anni si trasferisce a Milano, in Italia, città che ha nel cuore e che come ci racconta “si avvicina di più a quella cosa che chiami casa. È qui che ho più ricordi personali, lavorativi e passionali”. Finite le superiori in grafica pubblicitaria e con due anni di ritardo, Hugo si è subito dedicato alla fotografia – o almeno questo avrebbe voluto – ma purtroppo non venne selezionato in nessuna delle accademie dove fece domanda.  “Mi hanno balzato perché non ero all’altezza per loro” dice con umiltà, nonostante agli inizi non avrebbe potuto nemmeno sostenere i costi scolastici poiché viveva già da solo e senza supporti.

“Mio padre non l’ho mai conosciuto e ho scoperto solo a dieci anni che è portoghese, mentre mia madre è francese e sinceramente non gliene fregava un ca**o dei miei studi e delle mie passioni.”  

Per nostra fortuna Hugo e la sua ardente passione per la fotografia – che lo accompagna fin da quando ha ricordi – non ne volevano sapere di gettare la spugna. Perciò, anche grazie al suo spirito intraprendente e fregandosene degli istituzionali portoni chiusigli in faccia, decise di impegnarsi a trovare alternative creative per “farsi da solo!”. E così iniziò,  senza alcun attestato, a lavorare come assistente alla fotografia: lavoro che lo accompagnò per dieci anni. 

“Ci tenevo di brutto a portare avanti questo amore per la fotografia e così ho cercato delle alternative. Ho iniziato a lavorare con dei fotografi facendo l’assistente e ho avuto la fortuna di lavorare con un grande, grande, fotografo che è Alex Majoli dell’agenzia Cesura. Da quell’istante ho capito cosa avrei dovuto fare… e come!  È stato così che ho iniziato a pensare ai miei progetti più seriamente.”

– Hugo Weber

La lunga gavetta non bastava minimamente per mantenersi ma era l’unico veicolo a sua disposizione per raggiungere lo scopo: imparare per affermare un giorno la sua fotografia. 

“Anche con Majoli – che è stato l’ultimo per cui ho fatto da assistente dopo circa otto anni di esperienze simili – non mi facevo pagare.  Per me quello che contava era l’opportunità di lavorare con un grandissimo fotografo e imparare a trasformare quelle che prima erano solo idee, a tratti romantiche, in qualcosa di concreto.  Ma nel mentre mi sono dato da fare e ho sempre fatto tutti i lavoretti del caso: commerciale, cameriere, professore alle superiori e di corsi privati… ho sempre fatto di tutto e di più per vivere. Solo adesso, finalmente, vivo della mia passione, la fotografia.”

Il primo progetto realizzato indipendentemente, in collaborazione con Denny Mollica, si intitola ‘5341’: un libro, una raccolta fotografica, che narra la vita dei ragazzi della via Boiafa nel quartiere di Gratosoglio a Milano. Molti non lo sanno ma se si guardano le lastre di marmo delle vie, in basso a sinistra, c’è un codice definito “codice univoco identificativo” e serve al catasto per identificare una via e i suoi beni, suddividendoli. I giovani di questa zona hanno preso quel codice e se lo sono tatuati sulla pelle, rendendolo presto il simbolo di una gang che ha poco di criminale ma molto di una famiglia.

Ed è sempre Milano, questa città a lui tanto cara, che lo porta a creare la sua prima fanzine nel 2017. Il titolo? ‘Milano’, e averla fra le mani vi riporterà alla sua vivace adolescenza trascorsa nei contesti popolari e le periferie lombarde che da sempre lo hanno ispirato.

‘5341’ e ‘Milano’ sono solo alcuni dei suoi lavori che ne svelano l’animo grintoso, punk e allo stesso tempo esoterico. Hugo non è per niente canonico e fa fatica a dialogare con il linguaggio fotografico che viene proposto dalle istituzioni: la sua è una fotografia reale, non distorta, immersa nella vita vera. Il suo linguaggio visuale, per anni considerato grezzo e sporco, è passato dall’essere il suo ostacolo al suo punto di forza, catturando l’attenzione di diversi fotografi professionisti.

“Non mi importa dei canoni, sono una semplice constatazione: se li avessi seguiti e se mi fossi sforzato di essere qualcos’altro allora non sarei più io e non avrebbe senso. Fino ad ora infatti ho lavorato per rendere credibile un sogno – il mio – in cui non ha mai creduto nessun’altro. Io vivo le cose che faccio e la mia peculiarità è che entro nella situazione: mentre fotografo vivo la situazione sulla mia pelle.”

– Hugo Weber

Weber vorrebbe essere un esempio per tutti i ragazzi nati in contesti difficili. Vuole dimostrare che anche se si nasce in un contesto degradate può esistere un orizzonte felice e non basato sulla criminalità.

“Quando ero piccolo e smarrito l’unica cosa che mi si prospettava era finire in gabbia o per strada e ho trovato, nella mia fotografia, qualcosa in grado di salvarmi. Vorrei essere un esempio per le anime perdute, come le persone ai margini della società con cui vivevo: non per fama e non per soldi, ma per essere una viva testimonianza del fatto che la gente non si rende conto che può ottenere tutto anche partendo da zero e senza niente.”.

About Author /

Caterina, scrittrice viaggiatrice con base in Italia, ha sempre frequentato scuole internazionali. Con una laurea in giornalismo alla Cattolica di Milano e con una grande passione per la scrittura, ha lavorato per un talk show televisivo e ora scrive per Formula 1 e Not Yet Magazine. Nel 2018 ha inoltre conseguito il diploma musicale presso l'istituto CPM di Milano.

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